Nel post di oggi voglio parlarti di come la pratica dell’Upcycling si inserisca all’interno di un nuovo approccio più sostenibile al mondo della moda.
Indossare capi vintage, comprare di seconda mano, swappare, noleggiare sono tutte pratiche che ci aiutano in questo senso.
Tutte queste pratiche, però, permettono di garantire una maggiore circolarità dei capi, ma non ne aumentano la durata.
Per fare questo, sarebbe necessario essere capaci di cucire o di preoccuparsi di rivolgersi periodicamente ad una sarta che possa sistemare o rammendare i nostri abiti più belli.
Nell’era del Fast Fashion non siamo più abituati a fare questo, perché la camicetta che si buca o si macchia irrimediabilmente finisce nel bidone della spazzatura, mentre, i capi di buona qualità che non indossiamo da tempo, rimangono stipati nell’armadio, con il rischio di essere divorati dalle tarme.
Quale alternativa abbiamo per essere maggiormente attivi nel far durare i capi di abbigliamento più a lungo?
L’alternativa è quella di avvicinarsi all’Upcycling.
L’ Upcycling comprende tutte quelle azioni che permettono di prendere un capo e di ridargli nuova vita.
Se «riciclare» significa ritrasformare la fibra in fibra, «upcycling» vuol dire ritrasformare un tessuto (o vestito) in nuovi vestiti.
Un profilo che vi consiglio di seguire è quello de La Guardarobiera, che è capace di fare del rammendo un’opera d’arte.

A volte, basta coprire i buchi delle tarme di un maglione tramite un rammendo con un filo di un colore a contrasto oppure in lamè, così da donare un effetto più prezioso e ricercato.
Upcycling vuol dire solo rammendare?
Assolutamente no.
Allungare la vita di un capo, potrebbe voler dire, trasformarlo in una cosa diversa, per esempio trasformare un paio di pantaloni in una gonna, oppure una gonna in una borsa in tessuto.
Oppure, come vi dicevo già la settimana scorsa, è possibile prendere un capo che ci annoia perché troppo semplice e cambiare dei particolari come i bottoni, oppure cambiargli il colore tingendolo.
Recentemente ho letto un libro dal titolo “La gonna che visse due volte”, all’interno del quale ci mostra tantissimi esempi pratici di come un capo possa essere rinnovato.
E’ vero, tutto questo richiede pazienza e un minimo di manualità, ma pensatela così…magari potreste anche divertirvi!
All’interno del libro viene ricordato molto chiaramente che gli abiti hanno un valore di cui, forse, abbiamo perso memoria.
Ogni abito che abbiamo nell’armadio ha un valore materiale, che risiede nel valore della stoffa che è stata utilizzata e del valore della persona che l’ha cucita.
Ogni abito ha un valore in termini di ideazione, perché prima di essere cucito, quel capo è stato disegnato e immaginato da qualcuno.
Un vestito, una camicetta, possono avere un valore emozionale, legato ad un ricordo particolare.
Ma, prima di tutto, non dimentichiamo mai che quel capo ha il valore della nostra identità.
Se l’abbiamo acquistato, si presume che ci siamo riconosciuti in esso, vuol dire che vi abbiamo vista riflessa la nostra personalità.
Se non riusciamo a riconoscere tutte questo valore in un capo di abbigliamento, probabilmente è ora di rivedere le vostre abitudini di Shopping.
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